Parlo di una fonte, una fonte mai esausta: Essa vive ancora, nascosta ma appariscente, tra le pagine dei miei pensieri: un cenno, un sorriso, uno sguardo o un’onda d’un crine… Lei c’è ancora… Attraverso piccole perle, travolgenti nel profondo cielo blu, noto con piacere che la sua presenza non può mai scomparire: da sempre più lontano giunge, ma pure, al momento opportuno: mai e poi mai può abbandonare le mie pagine. Cosi imparai a vedere dietro ogni parola, un riferimento dolce al passato, o una speranza proiettata nel futuro, a volte un lamento, a volte un’esortazione… Quando si capisce uno degli schemi più profondi della mente comune, affermare il contrario senza un minimo di timore, con semplice e sincera verità, è già aver cambiato il mondo. Si è sospesi inizialmente nel vuoto, che presto scompare. Ogni parte, la più piccola, di quel sogno eterno che è l’esistenza si colora ancora del suo respiro. Da ogni parte tracce della presenza di qualcosa, di qualcuno luccicano alla nostra attenzione e la realtà si tinge di riferimenti: come fiori di loto emergono da acque scure e brillano in un’universo che per noi potrebbe davvero benissimo non esistere. La sua falsità deriva dal fatto che… Non funziona come dovrebbe(?) o forse l’avevamo pure noi un po’ troppo idealizzato: volevamo trovare le favole, la magia, la bellezza… Troviamo morte, imbroglio e ladrocinio… tranne quelle macchie di luce, oltre la possibilità di ignorare il buio, le tenebre esistono, fuori. La bellezza resta sospesa invece in un mondo a sé non ha una chiara consistenza, sappiamo solo che a volte, incredibilmente appare: un quadro, una donna, splendida fittizia mantella di pittura ad olio, che copre l’aria di quel punto in modo sublime. Le sue mani, i suoi capelli, il viso, gli occhi, oh… Cosa sei tu? Muto il quadro segue ad osservare. Ma ormai la sua traccia, il suo scritto, l’ha già lasciato dentro di noi e speriamo che non sparirà mai. Un’immagine può contenere allora molta più verità di una visione e la poesia, quando guarda solo ad un fiume che corre lento sul letto della vita, diventano un tremolo, costante, nella nostra debole canzone. Se altri, molti altri fossero in ascolto probabilmente capiremmo. Ma capire non è semplice quando si è costantemente come una soglia: siamo lì, appena fuori, ma già sul punto di entrare. La polvere che ci compone finché siamo presenti resta collegata e fedele ad una sola identità, al massimo due, poi tre, quattro… Ma appena non siamo più vigili si disperde e la natura torna a vivere in noi. E le azioni che abbiamo fatto, quelle che abbiamo inscritto alla storia sono pronte, spiccano definitivamente un volo che non potremo vedere, ma che già in vita sentiremo. Così tutte le perle che contenevamo tra le pieghe della nostra anima scompaiono, ma saranno sostituite da altre dalla storia. Chissà se i nostri ricordi restano da qualche parte? Anche quando non ci bastano e vorremmo riviverli per davvero, non solo in sogno? C’è da qualche parte un mondo in cui noi siamo mobili, dove siamo noi i narratori? E che è questo? Un solo ultimo canto, o un ultimo lamento ci deve essere lasciato, anche se scompaiamo dormendo il nostro ultimo sogno ci deve rendere giustizia, una giustizia che è volatile, si perde in lontananza e si modifica per ogni criterio di rispetto che la rigida granitica “realtà” vuole imporre ad essa. Come la verità: dopo aver liberato il suo ultimo sogno da desti, si esaurirà nella storia, in quell’oceano che tutto mangia, che nulla lascia: questo è il pensiero. L’unico elemento che si può salvare è la vita di ogni persona, attaccarci strani attributi non occorre, essa resta sempre per sè qualcosa che può a sua volta incidere sulla realtà, e anche se la realtà un giorno cadrà sotto i nostri stessi passi noi potremo levare alto il grido, la mano in segno di saluto. Un addio che anche se inaspettato non può proprio non essere esaurito. E dall’altro lato non può essere tutto come qui, quindi scordiamoci le nostre invenzioni e finché possiamo, cantiamo la bellezza che pure splende, da qualche parte, in questo mondo.